martedì 2 agosto 2011

Berlusconi riprenda in mano con coraggio le sorti dell’economia italiana

di Renato d’Andria

La bufera abbattutasi su Giulio Tremonti non arriva certo a sorpresa. Da tempo circolavano voci circa le sue amicizie a rischio, in particolare lo stretto collegamento con Marco Milanese. Si nota piuttosto il “tempismo” con cui il caso Tremonti esplode oggi, quando scatta il regolamento di conti interno disposto dal sistema d’intelligence italiano. Una bomba a orologeria in piena regola: erano ampiamente noti e documentati i fatti che ora vengono alla luce. Eppure, la gran parte dei media grida allo scandalo, inseguendo le Procure con falsi scoop su fatti e personaggi tutt’altro che inediti.

LO SCENARIO

Ma intanto sale di ora in ora l’allarme per le sorti economiche del nostro Paese. «Fra noi e la speculazione - ha dichiarato qualche ora fa alle agenzie Giacomo Vaciago, docente di politica economica e monetaria alla Cattolica di Milano - non rimane più nessuno. Fino a poco tempo fa c'erano anche la Spagna e il Portogallo. Ma la mossa di Zapatero rimuove l'incertezza, sfilando Madrid dalla fila. Nessuno spara più su uno che sta uscendo. Il Portogallo poi è in corsia di soccorso, quindi ci si concentra sull'Italia: c'è il pericolo che nel mese di agosto sparino su di noi perché siamo diventati i primi della fila». 

Il problema, per il professor Vaciago, è che « noi parliamo soltanto ma non abbiamo risolto niente, anzi abbiamo rinviato gran parte della manovra al 2013-2014 e i mercati non ci credono. Per giunta, abbiamo anche indebolito il ministro dell'Economia».

Diventa insomma sempre più urgente individuare e rimuovere il fattore primario della crisi italiana: fra le tante concause esogene ed endogene, esso va ricercato nella profonda divergenza tra il premier Berlusconi ed il suo ministro dell’Economia Tremonti sulle misure da avviare ed attuare per salvare e rilanciare l’apparato produttivo del Paese.

Silvio Berlusconi, da imprenditore di lungo corso, ha sempre dettato la linea dello sviluppo, impostando azioni che a breve e medio termine potessero favorire la ripresa produttiva. Lo dimostra, prima ancora della sua storia politica, la sua vicenda d’imprenditore: ben diversamente dalla maggior parte dei suoi colleghi che si sono succeduti ai vertici di Confindustria, l’uomo di Arcore ha saputo guidare il suo impero industriale con coraggio, rischiando capitali in proprio, senza fidare in maniera parassitaria esclusivamente sugli aiuti di Stato o comunque sulla finanza pubblica. Questo merito gli va riconosciuto, al di là delle sue debolezze di uomo e di politico.

Non così la linea di Giulio Tremonti, che ha immaginato di poter calare le sue linee d’azione paralizzanti, alla Quintino Sella, dentro l’architettura politica di un governo di chiara ed esplicita ispirazione neo-liberista. Per giunta, non è riuscito nemmeno a portare a compimento questo suo disegno di errata prospettiva.

LE RIGIDITA’ CHE AMMAZZANO L’ECONOMIA

Alle critiche il ministro risponde ricordando i ferrei vincoli imposti dal sistema monetario unico, ma questo suo atteggiamento accentua la netta impressione che egli intenda trincerarsi dietro lo scudo dell’euro per nascondere la sua assoluta mancanza di coraggio nell’assumere posizioni concrete in difesa dell’economia italiana.

Ricordo che durante la crisi del 1992, il fenomeno speculativo che nell’estate di quell’anno coinvolse la lira italiana e la sterlina britannica, l’allora primo ministro Giuliano Amato scelse la strada della svalutazione, ma il 16 settembre il governo britannico assunse una posizione ancor più decisa, stabilendo l’uscita della sterlina dallo Sme. Come è noto, il Sistema Monetario Europeo ebbe le sue origini dopo il crollo del sistema di Bretton Woods e prevedeva limiti predeterminati alla fluttuazione delle diverse monete. La mossa audace decisa dal governo permise alla Gran Bretagna di sganciarsi da un sistema che stava pregiudicando le sue sorti attuali e il suo futuro.

Le regole non possono ammazzare un Paese: è il Paese che può e deve ammazzare le regole, se queste diventano artefici della sua rovina.

Con il sistema dell’euro, l’Italia è stretta dentro la morsa di regole fra le più rigide, dove a fare la parte del leone sono le economie forti, di stampo continentale, e a soccombere uno dopo l’altro, dopo la Grecia, potrebbero essere i Paesi mediterranei, diversi per storia, tradizioni, economia dai lander blindati della Germania.

Tremonti lo sa bene. E avrebbe dovuto avere il coraggio di sospendere il nostro Paese dal regime dell’euro, prima che fosse troppo tardi e che il naufragio fosse già interamente compiuto.

BERLUSCONI: INTERIM ALL’ECONOMIA ED AMNISTIA GENERALIZZATA

Una via d’uscita esiste ancora. E il mio auspicio è che Silvio Berlusconi sappia scuotersi dalla attuale fase personale di depressione causatagli da anni di pesanti attacchi mediatico-giudiziari e riprendere nelle sue mani le leve della politica economica in Italia. Quello che il Paese chiede in questo momento a Berlusconi è un atto di coraggio: sostituisca il ministro Tremonti, senza lasciarsi condizionare dal sistema politico da basso impero che lo circonda e che in parte compone la sua maggioranza di governo.

Questo è il mio primo invito. Al quale aggiungo – visto che cominciano a circolare i nomi dei possibili successori di Tremonti a Via XX Settembre – che dovrebbe essere lo stesso premier ad assumere l’interim dell’Economia, perché attualmente è l’unico che possiede lungimiranza, forza e capacità per avviare una politica seria di sviluppo: la sola che potrà traghettarci fuori dalla palude attuale.

Si assuma, Berlusconi, tutta la responsabilità di imprimere alla nostra economia la “scossa” positiva e rivitalizzante che da anni attendiamo. Ha tutte le capacità per farlo. Gli economisti di “carta”, i teorici come Tremonti, hanno quasi sempre causato danni al Paese. Aumentare il tasso e deprimere l’economia: ecco la ricetta adottata in questi anni. Questo sanno farlo tutti, anche senza essere professori. Quello che un imprenditore come Silvio Berlusconi ha, in questo momento, la marcia in più che potrà arrestare il crollo del Paese e riportarlo verso la crescita, è il colaggio dell’intrapresa, è la genialità e l’intuito di un capitano d’imprese che di mari perigliosi ne ha affrontati e superati tanti. Questa è la vera economia politica, non quella teorica del tempo in cui il mondo passava dall’economia feudale a quella industriale. Non è più tempo di ricette dei “professori” come Visco, Prodi o Tremonti, che si ammantano di socialismo fittizio per emanare regole forti con i deboli e deboli con i forti. Anche nella manovra economica attuale, restrizioni come quelle sulla tracciabilità delle operazioni non fanno altro che legare le mani alla piccola impresa e al cittadino comune, lasciando campo libero agli oligarchi e ai detentori dei grossi capitali illegali, i cui movimenti non solo non vengono minimamente “tracciati”, ma nemmeno sfiorati.

Il secondo invito che rivolgo a Berlusconi è quello di un provvedimento drastico per frenare l’autentica guerra dichiarata al Paese, agli italiani ed alle imprese dalla parte più consistente della magistratura italiana.

Accogliendo anche gli inviti alla pacificazione rivolti dal capo dello Stato Giorgio Napolitano, Berlusconi ci mostri un atto di ulteriore coraggio. Non più polemiche sulle leggi ad personam, ma piuttosto l’iniziativa risoluta di promuovere una amnistia generalizzata, capace di difendere le libertà democratiche dell’Italia, oggi in balia di una guerra civile fra le più torbide ed intestine di quelle che il nostro Paese ha subito nella sua storia.

Renato d’Andria

Presidente Fondazione Gaetano Salvemini

Segretario nazionale PSDI