martedì 13 settembre 2011

STUDIO SULLA SOCIALDEMOCRAZIA OGGI (Jonathan Curci, Renato d'Andria)


Prefazione:



Da poco Renato d’Andria ha ripreso la leadership del partito socialdemocratico italiano. In questo scritto sviluppo alcune riflessioni sull’attualità del concetto politico di socialdemocrazia, con l’auspicio che esse possano risultare utili all’impegno di Renato d’Andria teso a fare di questo partito una forza di speranza e di rinnovamento per la politica italiana.


Articolo:

Il concetto di “socialdemocrazia” è stato di grande rilevanza nel secolo passato ed è perciò opportuno chiedersi come si collochi nella situazione politica attuale del nostro paese.
Nel contesto europeo, spesso sin dalla fine dell’800 la socialdemocrazia era schierata in un insieme di movimenti politici contrapposti al cosiddetto “liberalismo” o al cosiddetto “capitalismo”. Ma le diverse ramificazioni socialiste, fino agli effetti del socialismo più spinto, il “comunismo”, con le sue determinanti limitazioni alla libertà individuali, hanno ridisegnato le funzioni della socialdemocrazia. (www.genesijournal.org di Renato d'Andria)
Tanto che oggi, in tempo di vincente bipolarismo preso in prestito dal mondo anglosassone, la socialdemocrazia si potrebbe inserire sia nel centro destra che nel centrosinistra. In realtà essa ancora una volta funge da collante sociale sulle rive contrapposte.


La storia della socialdemocrazia

La storia delle idee della socialdemocrazia si può ripercorrere dalla spiegazione in Wikipedia, che sembra esauriente: “Il socialismo è un ampio complesso di ideologie, orientamenti politici, movimenti e dottrine che tendono a una trasformazione della società in direzione dell'uguaglianza di tutti i cittadini sul piano economico e sociale, oltre che giuridico. Si può definire come economia che rispecchia il significato di "sociale", che pensa a tutta la popolazione. (www.genesijournal.org di Renato d'Andria)
Si definisce socialdemocrazia quell'insieme di movimenti socialisti che accettano il concetto di economia di mercato, di proprietà privata e il muoversi all'interno delle istituzioni liberali.
La socialdemocrazia si pone tra il socialismo marxista e il riformismo borghese. Essa infatti, in un primo tempo, pur ponendosi in prospettiva critica nei confronti del capitalismo, non ritenne ancora tempo per una sua totale abolizione. (www.genesijournal.org di Renato d'Andria)
Il ruolo che si assicurarono i partiti socialdemocratici nei decenni tra il XIX e XX secolo fu quello di lottare sia contro il riformismo borghese, che avrebbe portato la classe operaia a legarsi troppo al sistema capitalistico, che contro l'avventurismo rivoluzionario marxista, che avrebbe portato a scontrarsi con le strutture ancora solide del sistema. La socialdemocrazia non tende a farsi garante della sopravvivenza del sistema, ma vuole lavorare al suo interno per portare uno spirito di rinnovamento e di trasformazione costante.
Le evoluzioni successive portano la socialdemocrazia a farsi portatrice del compromesso tra il riformismo liberale dei borghesi e i principi più importanti della dottrina socialista riformista: durante gli anni tra i due conflitti mondiali, con la proposizione di due modelli forti come quello sovietico e quello fascista, i socialdemocratici rappresentarono l'alternativa democratica e riformista. Socialdemocrazia e comunismo giunsero spesso allo scontro frontale, in cui i socialdemocratici vennero trattati da "socialtraditori" o "socialfascisti", per ritrovare successivamente un progetto comune contro il regime fascista e nazista. (www.genesijournal.org di Renato d'Andria)
Nel secondo dopoguerra, la socialdemocrazia riassume in occidente un ruolo importante tra le forze politiche dominanti nonché il naturale approdo per tutti i socialisti riformisti e i democratici progressisti, essa fu inoltre capace di proporre significative trasformazioni, come la nazionalizzazione di alcuni settori produttivi, l'instaurazione di un'economia mista e il raggiungimento di forme di sicurezza sociale per i lavoratori.
Le socialdemocrazie contemporanee sono partiti politici che hanno abbandonato l'idea della divisione della società in classi contrapposte e ogni progetto di stampo ottocentesco; del vecchio modello rimane solo la prospettiva internazionalista che ribadisce il principio di un'azione comune tra tutte le forze socialiste, socialdemocratiche o genericamente riformiste dei singoli Paesi, nel rispetto delle diverse storie nazionali, delle diverse situazioni economiche e della pluralità delle tradizioni culturali e ideologiche. In molti casi inoltre, anche significative componenti del mondo cattolico-sociale e riformista hanno trovato nella socialdemocrazia un ottimo approdo.” (www.genesijournal.org di Renato d'Andria)

La socialdemocrazia oggi

Partendo da queste idee comuni e generali sulla socialdemocrazia ci spingiamo a dare uno sguardo al futuro sul posizionamento e sull’identità della socialdemocrazia rispetto alle sfide che affronta l’Italia.
Da un lato possiamo dire che l’attacco velleitario del movimento comunista ha posto alcuni compromessi che sono a base del debito pubblico e della larga spesa statale, che è in generale il vero problema di una società moderna al di là dei regimi comunisti. Nel contesto italiano, le concessioni assistenziali hanno spesso frenato gli attacchi rivoluzionari che ispiravano le classi proletarie.
Possiamo dire che la socialdemocrazia è stato il vero mare che normalmente si frapporne fra il dire e il fare.
Il dire è rappresentato dalle ideologie forti e cioè il liberalismo che si poggia sulla responsabilità personale e il socialismo che pone la società al centro di ogni iniziativa.
Senza la socialdemocrazia, per esempio in Italia, non avremmo avuto i governi di pentapartito durante la parte preponderante della prima repubblica dopo la guerra mondiale.
Saragat è sicuramente stato, con Ugo La Malfa, uno dei principali artefici del pragmatismo italiano, della confluenza liberale in una società molto votata al proletariato, in un ambiente in cui c’era un forte partito Democristiano, vista l’influenza del cattolicesimo e dello Stato del Vaticano in Italia.
Oggi la domanda vera è come affrontare gli esiti di questo compromesso, anche alla luce della stretta economica derivante dall’ammontare del debito pubblico. Per fare un esempio, autorevoli commentatori giudicano l’ultima manovra di Tremonti una riforma di stampo socialista. Un grande debito pubblico blocca costantemente ogni possibilità di investire nella crescita. Certamente il sistema assistenziale italiano è stato la causa del debito: molti dipendenti pubblici, molto welfare. Se si vuole continuare sulla stessa scia, tutto questo farà regredire il paese e creerà una mentalità stagnante, decisamente poco creativa.
Il tipo di società socialdemocratica da un lato pone la creatività individuale come priorità e, dall’altro, permette allo Stato di spendere solo se ci sono i mezzi e se c’è un costante controllo del singolo sull’operato pubblico. Credo che ancora una volta la Socialdemocrazia oggi può essere di grande aiuto, soprattutto nella gradualità degli interventi da mettere in campo nel cammino verso una società realmente liberale. Occorre ancora una volta uno slancio non fanatico ma pragmatico. L’obiettivo non è più contrapporsi al fanatismo comunista: occorre invece favorire l’imprenditorialità diffusa, attuare l’attesa sburocratizzazione, ridurre il carico fiscale su famiglie ed imprese, in aggiunta ad altre iniziative consentano il volontario apporto al bene comune, dopo che ciascuno avrà individuato il proprio ambito di produttività.
Diciamo che ancora una volta la socialdemocrazia, giusto compromesso sociale, ci può venire in aiuto.
Oggi il rilancio della socialdemocrazia, a mio giudizio, deve avvenire unitamente al rilancio del liberalismo. In sintesi, deve essere chiaro che la socialdemocrazia è un insieme di idee per creare strumenti sociali al fine di consentire la maggiore liberalizzazione dei singoli, affinché diventino imprenditori in meno tempo e con meno spese e burocrazia. Si deve promuovere un’imprenditoria diffusa, anche nel lavoro dipendente, in cui si mettano in gioco non solo le proprie risorse economiche, ma anche i propri talenti e studi, che rappresentano nell’epoca del terziario un grande capitale.
La socialdemocrazia, in quest’ ottica, può sanare le forme di egoismo, consentendo allo Stato di compiere veramente la sua funzione di controllo delle frodi e dei soprusi: uno stato “gendarme” che compia con onore il compito di porre le basi di diritto nei rapporti dei consociati, mettendoli nell’uguaglianza delle opportunità, pur riconoscendo le peculiarità di ognuno.


Proposte per il futuro

Ormai nelle società moderne l’esigenza della governabilità induce a scegliere un campo di azione politica più ampio del particolare movimento a cui noi ci sentiamo legati.
Il principio della tendenza, del minimo comune denominatore, del meno peggio e di ciò che più si avvicina al nostro ideale, sembrano essere gli elementi utili all’azione politica.
A mio avviso la socialdemocrazia deve essere più prossima alle tendenze liberali, che privilegiano la difesa dell’individuo, dei suoi diritti e l’esame semplice dei suoi doveri.
Dico questo perché è chiaro che le opposte tendenze, in regime di maggioritario e di alternanza, non possono che essere poste sui capisaldi appunto dell’individuo o della società, uno induttivo, l’altro deduttivo.
La mia opinione è che partendo dal singolo restiamo più vicino alle esigenze dell’uomo e comprendiamo meglio il suo sviluppo in agglomerati fondamentali come la famiglia, i gruppi religiosi e poi le postazioni politiche sempre più grandi, dal quartiere, al comune, alla regione, allo Stato e alle consociazioni federali e superstatali.
Si arriva quindi al cosmopolitismo e al ritorno all’identità umana che ci accomuna tutti.
Se invece si parte dalla società, è più facile perdere di vista le esigenze differenziate della singola persona, ci si impatta sulle necessità generali, e proprio per questo il fanatismo comunista e nazista o fascista sono arrivati a dimenticarsi del singolo, sacrificato a motivazioni sociali che poi non sono altro che quelle del dittatore o dell’oligarchia di turno.
Allora, in considerazione di queste premesse, suggerisco che la fusione politica tra il liberalismo e la socialdemocrazia può determinare un unicum capace di comprendere al suo interno differenze anche notevoli, fra chi difende l’individualismo e chi più si impegna nell’associazionismo.
E’ certo che i sistemi proporzionali creano molti partiti con volontà uniforme, che mai lo sono veramente, e che comunque creano nella pratica l’ingovernabilità.
Io sarei per un sistema maggioritario secco, per le primarie, e per la minore spesa possibile della politica che grava sulla società.
Credo che la politica debba occuparsi degli elementi necessari alla coesione sociale e al controllo di legalità, ma che ogni altra funzione debba essere lasciata ai privati e all’imprenditoria diffusa, con una tassazione semplificata che determini il contrasto di interessi tra chi fornisce e chi riceve il servizio.
In tal modo la sburocratizzazione della società può essere garantita, pur salvaguardando il controllo di legalità, fondamentale per il buon vivere sociale e per la libera espressione dei produttori.
In una società in cui prima di occuparmi di cosa voglio fare o cosa voglio produrre, io devo preoccuparmi di quale prassi debba seguire o di quante tasse debba pagare, alla fine la volontà di intraprendere risulta depressa. Possiamo quindi considerare fondamentale per il futuro quella tendenza politica che, pur difendendo il controllo di legalità, consenta ai singoli di intraprendere in libertà, focalizzando il beneficio per tutti del proprio operato, con il rispetto della legge della concorrenza, la sola capace di scegliere i migliori.
La socialdemocrazia in quest’ottica può apportare il necessario miglioramento alla vita sociale di ogni paese.
(Roma 26 Luglio 2011)


Jonathan Curci

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