mercoledì 2 novembre 2011

Oltre l’Italia degli “sfascisti” (e dei media al loro seguito).

<b>Oltre l’Italia degli “sfascisti” (e dei media al loro seguito).</b>

Va condiviso in pieno quanto ha scritto il direttore del Tempo, Mario Sechi, nelle ore degli scontri che hanno messo a ferro e fuoco la capitale, lo scorso 15 ottobre. «Quello che sta succedendo – scrive Sechi - è figlio di una cultura sbagliata che affonda le radici nel crollo dell’alta educazione, di un piagnisteo mediatico che giustifica la violenza e in molti casi la incoraggia, di un’ignoranza che gronda dagli stereotipi dei commenti televisivi, tracima dal senso di colpa di un establishment senza pudore che riesce a dar ragione insieme alla Bce e agli Indignados, un caso clinico di schizofrenia che affligge una parte della classe politica, quella che ha appaltato il pensiero alla tecnocrazia, mentre gli amici banchieri si riempivano la pancia di spazzatura finanziaria».

Aggiungo che a soffiare sul vento delle tensioni è stata, nel corso degli ultimi mesi di crisi economica e sociale, proprio quella certa parte della classe politica di sinistra che oggi si straccia le vesti per denunciare ogni forma di violenza (spingendosi perfino ad evocare la Legge Reale, come ha fatto Di Pietro), ma fino a ieri aizzava il malcontento delle folle in piazza con il fine ultimo del proprio tornaconto elettorale, da conquistare spingendo sul chiodo fisso della “fine del berlusconismo” ad ogni costo.

Il risultato del perdurante atteggiamento “sfascista” di questa parte della classe politica non è solo la Roma che abbiamo sotto gli occhi, ridotta come all’indomani di una guerra civile, ma soprattutto il depauperamento ulteriore del Paese e della sua affidabilità sullo scenario internazionale. Il che, tradotto in termini economici, significa risorse ancor più ridotte, sia per offrire concrete risposte alle richieste dei cittadini, sia per avviare una possibile ripresa. (
Renato d’Andria )


Di contro, mentre i demolitori di sinistra portano a compimenti i loro piani, esiste sull’estero un’immagine del Paese che, nonostante tutto, “tiene”.
Il riferimento, che risale ad appena qualche giorno fa, è ad un incontro pubblico tenutosi a Londra presso il ministero dell’Industria, nel corso del quale esponenti del governo Cameron hanno discusso, fra l’altro, della situazione italiana, messa recentemente sotto i riflettori anche dalla Bce. «L’Italia – è stato affermato da esponenti dell’esecutivo britannico – è un Paese dipinto a tinte fosche da buona parte della sua stessa stampa, ma se guardiamo i numeri, ci accorgiamo che la drammatica situazione riportata sui giornali non sempre corrisponde a dati reali. Per fare un solo esempio – è stato sottolineato – il tasso di disoccupazione è inferiore rispetto al nostro ed anche in materia di pensioni il sistema italiano può dare ancora oggi dei punti a quello inglese».
La conclusione non ha potuto che trovare d’accordo la delegazione d’imprenditori italiani a Londra della quale ho fatto parte nei giorni scorsi: «i problemi veri che affliggono l’Italia – ha chiarito il sottosegretario all’industria del governo di David Cameron – sorgono da conflitti politici interni, dallo scontro permanente fra blocchi contrapposti di potere che sfocia poi immancabilmente in rappresentazioni sulla stampa italiana tali da offendere e mortificare un grande Paese, da sempre nostro alleato, come l’Italia».


Renato d’Andria
Segretario nazionale PSDI

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