mercoledì 2 novembre 2011

Si scrive Montezemolo, si legge Pomicino

Si scrive Montezemolo, si legge Pomicino


La domanda è: «comprereste un’auto usata da quest’uomo (foss’anche una Ferrari)?
Gli dareste in mano il volante del Paese?». Il primo atto politico dell’ “Italia dei carini”
- direbbe Crozza dell’Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo - non è un gesto
estetico, o il frutto di un think tank o di un advocacy group. No. Nasce come intrigo di
palazzo dalla più flaccida fisiognomica democristiana. Paolo Cirino Pomicino. Accade
che la notte prima del voto di fiducia berlusconiano, la forma astrale di Luca Cordero di Montezemolo s’impossessi del corpo di Cirino Pomicino; il quale, levatosi di soprassalto,
in trance andreottiana comincia a telefonare come un pazzo a tutti i parlamentari incerti
chiedendo loro di non votare la fiducia perché Montezuma li avrebbe «accolti a braccia
aperte». La notte, per Luca, è un’affezionata location. Conferma il sottosegretario Aurelio
Misiti: «Questa notte Montezemolo ha contattato Giustina Destro e Fabio Gava, convincendoli a voltare le spalle al Cavaliere. Ha preso contatti con altri. Di sicuro con Catia Polidori...» (e il Berlusca sbuffa: «Montezemolo voleva convincere Polidori a
mollarci. Sono stata costretto a nominarla viceministro»).
L’Italia Futura si accinge naturalmente a smentire i «fantasiosi retroscena che
attribuiscono a questa Associazione e al suo Presidente, manovre per convincere
deputati della maggioranza a votare contro il Governo». Ma un fatto è certo. Dopo tanto
traccheggiare, Duca Corbezzoli di Montescemolo - direbbe Dagospia - ha mosso il primo
passo in politica. Purtroppo, il passo sbagliato. Berlusconi l’ha sfangata ancora,
dimostrando forse d’essere il più democristiano di tutti; ma il punto è un altro.
Proprio mentre nella sua Ferrari scoppiano casini ciclopici con operai che s’inchiodano ai
pit stop, Montezuma invece di mostrarsi auriga del nuovo, adotta ineffabili strategie da
vecchissima repubblica. Non esce mai allo scoperto e manda in avanguardia i suoi
Talleyrand; blandisce i peones come i «due partecipanti alle cene di Scajola» (rivelò
Fabrizio d’Esposito sul Fatto); applica indifferentemente con Beppe Fioroni e Santo
Versace, Andrea Romano e Irene Tinagli la medesima fascinazione che ha usato in tutta
la vita per ottenere sempre il massimo risultato col minimo sforzo. Eppure non v’è nulla, in circolazione, di più vecchio, di più visceralmente osmotico alla prima Repubblica di Montezuma.
E non lo dicono solo insospettabili come De Magistris o Paolo Ferrero. Per Luca parla la
storia personale che trascende sorriso vaporoso e ciuffo ribelle: i tentativi di raccomandazioni in Rai intercettati con Bisignani; la cacciata dalla Fiat da parte di Romiti perché si «vendeva gli incontri con Agnelli»; i conflitti d’interessi presenti e futuri anche a causa della sua società ferroviaria Ntv, che nel caso di premierato, «inciderebbe sul futuro dei trasporti su rotaia», teorizza Stefano Feltri nella biografia “Il Candidato - tutti
conoscono Montezemolo, nessuno sa chi è davvero”. Un titolo, peraltro, fuorviante: sono
in molti a sapere chi è davvero Monty. Basta solo ricordarglielo ogni tanto...

Francesco Specchia
articolo tratto da Libero del 16/10/2011

(articolo preso da www.labarbarie.it )

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