martedì 14 giugno 2011

L’ITALIA ESCA DALL’UNIONE EUROPEA PER ESSERE FULCRO DELL’UNIONE DI STATI DEL MEDITERRANEO (Renato d'Andria)

L’ultima beffa – la più recente – è arrivata col blocco a Ventimiglia dei treni provenienti dall’Italia e che avevano a bordo gli immigrati diretti in Francia. Tanto che il nostro ministro degli Esteri Franco Frattini ha dovuto elevare l’ennesima, vibrata protesta all’indirizzo del governo d’Oltralpe.
Ancora una volta l’Italia si trova a dover imporre quelle regole di sostegno reciproco ed alleanza che dovrebbero essere alla base dei trattati fondanti dell’Europa unita.
Ma non si tratta solo dell’ultima “figuraccia” in ordine di tempo sul proscenio internazionale. Tutt’altro. Ciò che sta emergendo, con la crisi libica e con gli attacchi unilaterali decisi da inglesi e francesi, rende ancor più chiaro lo scenario che da tempo abbiamo sotto gli occhi: il nostro Paese deve uscire dall’Unione Europea e diventare il perno degli Stati Uniti del Mediterraneo.

Con un contemporaneo abbandono anche dell’euro, la moneta che ha messo in ginocchio la nostra economia, ormai da oltre dieci anni, attraverso le sciagurate politiche dei cambi originari, finalizzati a favorire economie già più forti della nostra.
Il momento, per effettuare questa epocale transizione verso nuove alleanze statuali, è oggi dei più favorevoli, con le sollevazioni popolari lungo la costa nordafricana ed intere generazioni proiettate verso il Mare Nostrum alla ricerca di un riscatto da condizioni di vita non più tollerabili. E sarebbe certamente uno smacco senza precedenti per quei Paesi come Francia, Germania ed Inghilterra, abituati a trattare l’Italia come un servo. Né si sono smentiti in occasione dei recenti fatti libici.
Sia chiaro: non è il nostro Paese ad aver bisogno di loro. L’Italia vanta orgogliosamente una lunghissima storia di indipendenza. E’ stata più volte occupata, ma mai dipendente.
La nostra collocazione geografica ci pone, anzi, in una posizione di assoluto vantaggio. E i motivi, mai come stavolta, risultano lampanti: non appena i rapporti fra noi e la Libia stavano diventando maggiormente stretti e proficui, le forze anglo-francesi, con la complicità degli americani, hanno lanciato i loro raid per andare a depredare le terre di Gheddafi, col cui governo noi avevamo stretto partnership foriere di enormi vantaggi economici e produttivi per entrambi i Paesi.
L’Europa stia in guardia: o viene riconosciuto all’Italia il suo ruolo di centro strategico per gli scambi nel Mediterraneo, o noi possiamo chiamarci fuori dall’Unione senza subirne alcun danno. Al contrario: le opportunità non si farebbero attendere. Dando vita ad una Comunità economica del Mediterraneo – alleanza preliminare alla nascita dell’unione non solo economica, ma anche politica degli Stati – l’Italia potrebbe operare da leader dentro un ampio mercato dei consumi in cui esportare tecnologie, progresso, valori sociali, un’area che richiede con forza progresso e sviluppo, e possiede tutti i requisiti potenziali per diventare una nuova eccellenza mondiale, al pari di ciò che sta accadendo ad India e Brasile. Per rendersene conto basta allungare lo sguardo su terre come Tunisia, Libia, Marocco, ricchissime di energia e di risorse naturali tutte da sviluppare, dall’agricoltura alla pesca, che attendono solo la modernizzazione delle tecnologie prodotte da Paesi confinanti come il nostro.
La tradizionale povertà economica e sociale del Maghreb può e deve diventare un’immensa risorsa per tutti i popoli abitanti lungo le sponde del Mediterraneo. Ma per arrivare in breve tempo alla nuova configurazione di Stati, con il ruolo guida che spetta all’Italia, occorre rompere gli indugi e cogliere la congiuntura storica in atto, sottraendo alle potenze nordeuropee la tracotante leadership - che si sono attribuite in maniera assolutamente unilaterale e tutt’altro che condivisa a livello di UE – nel decidere con la violenza i destini di un Paese che con l’Italia è confinante e tradizionalmente alleato.
Una delle obiezioni che viene mossa a tale impostazione riguarda la sanguinosa e “biblica” conflittualità lungo il confine israelo-palestinese. A questo proposito giova ricordare che – come ho più volte affermato anche nei miei interventi sulla rivista multilingue Genesi – l’Unione di Stati del Mediterraneo potrà rivestire in se stessa un ruolo pacificatore e sanare gli storici contrasti fra i due popoli. Per fare un solo esempio, smorzerebbe un detonatore di cui poco si parla, ma che rappresenta una fra le principali micce accese: lo squilibrio nel tasso di natalità, particolarmente elevato fra i palestinesi, al contrario di ciò che si registra tra i figli d’Israele. Se i due Paesi facessero parte di una confederazione di Stati con fini condivisi, o nel momento in cui operassero in un contesto analogo a quello degli Stati Uniti d’America, anche tali forme di rivalità non avrebbero più senso, o in ogni caso perderebbero il loro potenziale di deflagrazione.
Per l’Italia è insomma arrivato il momento di porre le basi concrete per un’alternativa vera rispetto alla permanenza dentro la gabbia di una Unione Europea che agisce nei nostri confronti con atteggiamenti intollerabili, usurpando il ruolo strategico e geografico che spetta da sempre al nostro Paese.


Renato d'Andria

Testo preso da www.fondazionegaetanosalvemini.org (Renato d'Andria presidente)

Genesi journal di Renato d'Andria sostiene il dialogo pacifico tra i paesi del Mediterraneo vai su www.genesijournal.org Renato d'Andria

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