martedì 10 maggio 2011

Il Sionismo non è Colonialismo

Nel dibattito tra palestinesi e israeliani vi sono vari elementi antichi che entrano in gioco. Penso che parlare di “colonialismo” nel definire la presenza ebraica nei territori cosiddetti palestinesi sia un’inesattezza. I villaggi ebraici non sono delle “colonie”.


Esso appare ben più complicato della semplicistica interpretazione “Sionismo = Colonialismo”, o addirittura inteso come invasione ebraica della Palestina. Così come va ben oltre anche l'assioma “un popolo senza terra, per una terra senza popolo”. Questa era un’espressione adottata verso la metà del XIX secolo da alcuni gruppi cristiani protestanti inglesi di natura messianica; per circa un secolo si è ritenuto che tale slogan fosse diventato uno dei più utilizzati dal movimento sionista, ma molti studiosi oggi ritengono che questa espressione non sia mai realmente diventata di uso comune tra gli ebrei sionisti. Come la maggior parte dei conflitti, esso ha come attori sociali, religiosi ed economici due culture con visioni diametralmente opposte circa la stessa terra. Non si può negare che vi sia una radice moderna del conflitto nella “questione ebraica”: una questione che nei secoli precedenti la fondazione dello Stato d’Israele è sempre stata fonte di attriti, divisione e discussione all’interno delle politiche governative e della società civile di molti Stati. Per questioni di semplicità è da qui che si intende partire, senza dimenticare che nella storia biblica le origini del problema si riconducono alla separazione prima tra i figli di Isacco e di Ismaele quali figli di Abrahamo, e poi tra i figli di Giacobbe ed Esaù quali figli di Isacco; separazione che ha dato origine ai popoli oggi in rivalità nella regione: la divisione delle loro discendenze in religioni ed etnie separate, infatti, è alla base del problema di identità che influenza la vita di ogni giorno anche nelle più piccole questioni, che crea il sentimento di simpatia o antipatia nei confronti del diverso. Tale divisione si accentua soprattutto in quei casi in cui i residenti hanno sviluppato un sentimento di appartenenza alla stessa terra mutualmente esclusivo e a tratti sempre più conflittuale.


Che si creda alla storia biblica o no, questa è la base culturale del popolo ebraico e di coloro che lo sostengono, nonché della visione che ha di se stesso nei confronti degli altri popoli della regione mediorientale. È difficile confutare la validità dei testi biblici preservati così meticolosamente; essi, a loro volta, hanno preservato un popolo, anche se disperso nei quattro canti del pianeta. Ogni tentativo di critica letteraria di dimostrare che i testi fondatori della nazione israelitica erano stati creati ex-post factum al fine di ribattere la validità della rivendicazione territoriale si è dimostrato inconcludente e poco convincente.

(Dr Jonathan Curci e Renato D'Andria)

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