martedì 10 maggio 2011

La libertà di religione tra onorare i genitori e adorare Dio

Sicuramente il mondo vede e ha sempre visto contrapposte fra loro le religioni. Affiorano spesso lotte dottrinali, su principi, testi e interpretazioni.


Il progetto “Genesi”, impostato dall’imprenditore e editore Renato D’andria, serve, inter alia, a stimolare il dibattito sullo scopo della religione che dovrebbe essere soprattutto personale oltre che sociale. L’uomo dovrebbe essere al centro della religione.


La ricerca della vera religione dovrebbe scaturire da una libera scelta piuttosto che da un indottrinamento quasi o completamente imposto. La libera scelta di religione e strettamente connessa a una libertà fondamentale sancita dai concetti relativi alla libertà di coscienza che dovrebbe essere comune a tutti gli esseri umani, mentre attualmente assistiamo a tendenze presenti in vari paesi rivieraschi del Mar Mediterraneo in cui capi religiosi costringono degli individui a seguire una certa religione con minacce di ogni tipo.


Da questo risorgente problema scaturisce tutto l’impegno di Renato d’Andria che raduna accanto a se intellettuali e politici per far comprendere l’importanza della libertà di coscienza e la libertà della circolazione d’informazione sulle culture diverse per un maggior chiarimento della propria identità di ogni individuo.


La religione è una questione personale piu’ che strettamente sociale e di popolo. A mio avviso la religione si rivolge a un Dio come persona perfetta nelle caratteristiche umane migliori: potere nel libero arbitrio, giustizia e misericordia.


In questa fase dell’articolo, senza dare valorizzazioni ad una o altra religione, intendo porre alcuni esempi confacenti solo per esemplificare il mio assunto. Il personaggio Gesu’, di cui si sono occupate le tre fedi monoteiste, trascorse 40 giorni nel deserto della Giudea digiunando, come la sua università ed esame finale prima di attivarsi nella sua missione, ministero o in quella che era la sua attività principale, anche se i termini sono sicuramente inappropriati.


I Vangeli riportano che in quel periodo Gesù ha percepito gli impulsi dell’annebbiamento superficiale delle cosiddette tentazioni umane, e le ha combattute difendendosi con alcune sacre scritture dei profeti ebrei, secondo i principi appresi sicuramente nella sua yeshiva (la scuola rabbinica che ogni figlio d’Israele osservante frequentava). Gesu’, in quel frangente, sembra aver dimostrato di aver superato la prova fondamentale di quella che io intendo vera religione: e cioè la nostra pratica religiosa trasforma o no il nostro modo di vivere? Ci fa diventare persone più profonde riuscendo a vincere le nubi del male e della superficialità?


Le tentazioni di Gesu’ furono le passioni carnali, l’orgoglio con i suoi affluenti, cioè l’ira, la presunzione, e infine l’ultima tentazione e cioè : Chi adoro veramente?


In quest’ultimo caso gli fu posta la tentazione di adorare il denaro e il potere mondano, ed egli superò la prova dicendo che voleva adorare suo Padre: come se si trattasse di un Uomo perfetto. Per Gesù in quella occasione, come in altre, piacere caratterialmente a suo Padre dei Cieli era la principale attività religiosa.


Ma la religione non è forse tramandata dai genitori? Vi è scelta quindi se una persona nasce in una certa religione?


A questo punto voglio dire qualcosa sulla la differenza tra due termini della tradizione ebraica a cui sia Gesù maestro ebreo che Maometto si sono ispirati per il loro ministero. Il primo è ”onorare” che si riferisce nei comandamenti ai genitori e la parola” adorare” che invece si riferisce al Padre dei nostri spiriti, il Padre eterno, Dio. E cioè l'onore, secondo l'origine ebraica kavod, vuol dire “pesare”, quindi si da un peso maggiore a chi ci ha permesso di nascere e vivere fornendoci un corpo, una casa, una protezione ed ogni cosa utile a questo mondo. Ma dov'è la differenza col Padre invece dei nostri spiriti? “Adorare”, sempre in ebraico hishtachawàh, indica prostrarsi, il che mi fa pensare non soltanto a un termine di paragone con altro, noi per esempio, come pesare, cioé onorare. Piuttosto mi fa pensare di cercare di rispettare il volere divino in noi. Cioè per i genitori possiamo misurare il loro peso reale nella nostra vita, dandogli un valore superiore anche al nostro, almeno materialmente, gratitudine per le cose e gli strumenti offertici per vivere e quindi poter fare il resto di nostra volontà. Invece prostrarci non è solo dare un valore, non ce ne usciamo facilmente a meno che, sempre liberamente, non dimostriamo di introitare il volere divino e convincerci facendolo nostro. In realtà possiamo onorare i genitori, talvolta distinguendoci dal loro volere, perché essendo umani loro, i genitori, potrebbero sbagliarsi su taluni punti e quindi potremmo non decidere di seguire un loro specifico comportamento, caso mai contrario al volere divino, che invece decidiamo di seguire.


L’esperienza del primo ebreo e patriarca delle religioni abrahamitiche mise in pratica questi principi quando lui scelse la sua religione diversa da quella padre. Anche lui subi’ la violenta intolleranza da parte del padre che doveva onorare e della sua autorità politica a cui doveva obbedire. La religione di Abrahamo fu’ tutta personale e seguiva solo Dio che gli diceva Lech Lecha, in ebraico “vai verso te stesso”, che divento’ il titolo di quell’episodio biblico. Come è possibile che vari segmenti dei movimenti religiosi che parlano di Abrahamo non riescono ad applicare il principio della libertà di religione nella sua pienezza? Non ci si puo’ stupire se addirittura chi si diceva il vicario di colui che disse di porgere la propria guancia ai nemici invece inizio’ delle guerre spietate nella storia del cristianesimo.


Per questo è importante distinguere tra la relazione con Dio e quella con gli uomini di qualsiasi religione. L'adorazione ci coinvolge totalmente, spiritualmente, l'onore ci coinvolge anche solo materialmente o in termini di rispetto, in tal caso, anche solo esteriore. In realtà l'adorazione verso Dio ci porta ad onorare i nostri genitori nella giusta maniera, o con il giusto “peso”, perché in fondo è Dio che li ha scelti per noi, per questo è Dio a comandarci di onorarli, così facendo adoriamo Dio e riconosciamo le Sue scelte e il Suo volere nei nostri confronti.


Spesso si pensa alla religione come rito e dottrina, in questa accezione invece, sopra riportata, la vera religiosità sta nel suo effetto nella vita personale.


A mio avviso il rapporto personale con l’Essere Supremo e come quello di un raggio col sole, individuale, illuminato personalmente, e la validità dell’illuminazione sta nella ricezione di accumulazione del singolo raggio.


Se si paragona al sole Dio e ai raggi gli esseri umani, quali figli di un Dio, allora il vero scopo della religione è far sì che autonomamente, ma in decisa dipendenza, il figlio si prepari a diventare Padre, con le Sue estese caratteristiche, se pure esiste una unicità individuale.


La somiglianza piuttosto che l’uguaglianza meglio rappresenta biblicamente il rapporto tra Dio e i Suoi figli.

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