martedì 10 maggio 2011

La minoranza ebraica e la costruzione di una patria

La questione della minoranza ebraica è stata affrontata largamente sia in ambito arabo-musulmano, sia in quello europeo, dove diventa fonte di larghi dibattiti in tutti i livelli della società civile e politica: in Europa, infatti, i governi – spinti anche dall'alternanza delle lotte sociali – avvicendano il varo di politiche di assimilazione totale e incondizionata della minoranza ebraica a quello di politiche fortemente discriminatorie e antisemite, che contemplano anche misure estreme e crudeli quali i pogrom, fin anche ad arrivare alla Endlosung, ovvero la “soluzione finale” nazista. L’affaire Dreyfus nel 1894 fu il risultato e il catalizzatore di secoli di pregiudizio e discriminazione contro gli ebrei, ma anche la spinta ulteriore e necessaria alla nascita politica del movimento sionista. Alla luce di quella vicenda, Theodor Herzl cambiò radicalmente opinione per la Judenfrage (la soluzione del problema ebraico), passando così dall'assimilazione al Cristianesimo tramite il battesimo, alla ricerca di Eretz Israel; nel 1896 pubblica il libro Der Judenstaat, ovvero “Lo Stato ebraico”, e nel 1897 al Congresso di Basilea da origine alla nascita ufficiale del movimento sionista, che aveva per obiettivo una soluzione territoriale e sociale – in Eretz Israel – del “problema ebraico”. Già nei decenni precedenti, però, i flussi migratori e lo stanziamento in Palestina di rifugiati ed immigrati ebrei – di origine sia mitteleuropea (ashkenazim – אשכנזים) che araba (mizrahim – מזרחים e sefardim – ספרדים) – erano iniziati e con essi si ingigantirono i già presenti problemi di convivenza tra la popolazione araba autoctona e le comunità ebraiche autoctone, da sempre residenti nel territorio e mai disperse fra le nazioni.

La successiva nascita dello Stato ebraico nel 1948 ha acuito maggiormente la disputa e lo scontro per ciò che riguarda sia il diritto stesso di esistere dello Stato d’Israele, sia i rapporti che esso deve avere con tutti gli Stati, arabi e non, che rientrano nella sfera geografica e geopolitica mediorientale; Shlomo Ben-Ami mette bene in evidenza il fatto che nei dibattiti, in particolare dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967, all'ideologia del Sionismo venga sovente affibbiata una connotazione sprezzante. Questo atteggiamento largamente presente nei settori diplomatici e civili della comunità internazionale ostile ad Israele ha contribuito, a volte, a rendere la popolazione israeliana molto diffidente circa alcune delle istanze presentate dagli Stati esteri o dalle istituzioni internazionali, soprattutto per ciò che riguarda il processo di pace con i palestinesi. A tal proposito Ben-Ami cita il principio da se stesso enunciato al momento della partenza per Camp David, ovvero che la popolazione ebraica dello Stato d’Israele si trovava (e spesso si trova ancora) di fronte ad un bivio: scegliere tra essere uno Stato a tutti gli effetti, con confini ben prestabiliti e impegni da mantenere, o un’entità pre-statale con caratteristica principale la flessibilità dei confini e un continuo stato di guerra cui far fronte. Lo Stato d’Israele, infatti, ha confini in parte ufficiali, in parte ufficiosi e in parte non riconosciuti dalla comunità internazionale.

(Dr. Jonathan Curci e Renato D'Andria)

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