martedì 10 maggio 2011

La centralità dello studio approfondito per comprendere il conflitto arabo-israeliano


E' difficile parlare del conflitto arabo-israeliano senza assumere una posizione in senso antagonista. Questo non è un conflitto come gli altri. Chi veramente conosce la storia dell’anima araba e di quella ebraica capisce che tale disputa affonda le radici nella costituzione stessa del popolo d’Israele immortalata nei testi biblici e che si ritrova frammentata, e a tratti incomprensibile, anche in alcuni passi del Corano. Quando ci si avvicina a questo conflitto per interpretarlo, non lo si può fare utilizzando la stessa visione laicista con la quale si percepiscono molte delle relazioni umane e sociali in Occidente e che, in modo spesso saccente, fa riferimento ai “principi” dell'Illuminismo e della Rivoluzione Francese come la panacea dei problemi scaturiti dall'accentuazione delle proprie identità religiose, culturali e sociali.


I racconti perpetuati nei testi biblici si contrappongono a quelli coranici, ed entrambe le fonti sono la base spirituale, sociale e motivazionale del destino di quei popoli; il fatto che il Corano possa essere criticato dal punto di vista razionale e che alcuni archeologi neghino l’autenticità storica di certi testi e racconti biblici, non attenua l'importanza dell'impatto sociale che gli stessi hanno sulla popolazione che ad essi si ispira per trovare una propria dimora di appartenenza. Scritture antiche di millenni e lette settimanalmente nelle sinagoghe e nelle moschee influenzano tuttora la mentalità odierna.


Per risolvere il conflitto, quindi, è necessario effettuare uno studio attento delle fonti culturali di questi popoli; su tale base, poi, sviluppare il confronto riconoscendo nella religione un elemento fondamentale della vita quotidiana e della maniera in cui i rapporti sociali si sviluppano, soprattutto verso lo “straniero”. Religione significa anche modo di pensare e di vivere: essa è una cultura e un'identità che influenza anche chi si definisce laico. Per quanto lo Stato d’Israele si proponga all’esterno come uno Stato laico, il diritto civile israeliano è profondamente permeato dal diritto religioso ebraico che, secondo le interpretazioni più intransigenti, prevede anche casi di non integrazione sociale con i non ebrei. Lo stesso vale per la parte arabo-musulmana: la specularità degli approcci determina modi di pensare, di vivere e di concepirsi reciprocamente che non possono che andare in contrasto. Per questo il conflitto è ben più complicato di quanto politici e giuristi possano immaginare. Le soluzioni che agiscono sugli aspetti materiali della vita saranno solo soluzioni cosmetiche, ma per una pace sostenibile bisogna cambiare la mentalità di entrambi i gruppi religiosi, almeno in ciò che riguarda la maniera di concepire l’altro.


(Dr. Jonathan Curci e Renato D'Andria)

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